PROLOGO

 

 

La donna dalla pelle d’ebano accarezza il grilletto del suo fucile di precisione mentre inquadra la sua vittima nel mirino ottico che la fa sembrare così vicina da poterla toccare allungando una mano.

La donna dalla pelle d’ebano stira le labbra in quello che potrebbe essere un accenno di sorriso, cosa che stupirebbe chi la conosce e mai l’ha vista sorridere. Quello che deve fare molti lo considererebbero un tiro impossibile a causa della distanza e di altre condizioni, in più lei ha a disposizione un solo colpo, un unico proiettile speciale rivestito di un metallo che garantisce che la vittima designata non possa sopravvivere.

Una sfida impossibile, ma lei ama le sfide impossibili e soprattutto ama vincerle. Il suo indice si contrae sul grilletto ed il colpo parte.

 

        

 

(CAVALIERI MARVEL)

 

N° 105

 

 

L’ULTIMA PALLOTTOLA

 

1.

 

 

            Clive Reston si è svegliato presto stamattina, si è messo una tuta, è uscito dal suo appartamento di Kensington e Chelsea nella Grande Londra ed ha corso per circa tre quarti d’ora, poi è rientrato, si è spogliato completamente e, nudo, si è dedicato a dieci minuti di esercizi fisici. Subito dopo ha fatto una doccia prolungata alternando getti di acqua bollente ad altri di acqua gelida secondo il rituale chiamato doccia scozzese, quindi si è vestito in maniera sportiva ma elegante ed ha fatto la sua abituale colazione: frutta, uova, caffè e spremuta d’arancia,

            Vuole essere in piena forma per quando si troverà davanti colui o colei che ha ordinato l’assassinio di sua moglie il giorno delle loro nozze perché lo o la ucciderà con estrema soddisfazione.

 

            A New York, nel quartiere di Central Park il mattino è già arrivato da cinque ore ed in un attico con vista sul parco un uomo che dimostra poco più di vent’anni dal fisico scultoreo, frutto di anni di intensi allenamenti, siede, nudo, sul pavimento di una camera da letto nella posizione del loto apparentemente immerso in una qualche forma di meditazione. Improvvisamente apre gli occhi e si rimette in piedi. Senza svegliare l’uomo con cui ha passato la notte si infila un paio di mutande e pantaloni, poi, a piedi nudi, esce sulla terrazza e contempla il panorama davanti a lui.

            Il suo nome è Akihiro e per quanto nel suo passaporto ci sia scritto un cognome, quello dei suoi genitori adottivi, lui di solito preferisce non usarlo, è legato a ricordi troppo dolorosi. Potrebbe usare quello del suo vero padre, che ha conosciuto solo da poco, ma in fondo non ha molta importanza perché nella sua professione è conosciuto solo come Daken, che in Giapponese, la lingua di sua madre, significa bastardo ed un nome che lui trova appropriato per se stesso. Dimostra poco più di vent’anni ma in realtà ne ha quasi settanta, è un mutante come il padre, l’X-Man canadese noto come Wolverine, e da lui ha ereditato un fattore di guarigione che ne rallenta l’invecchiamento. Non è la sola eredità genetica che ha ricevuto dal paparino, pensa con un sogghigno sfoderando e rinfoderando rapidamente tre artigli metallici dai polsi. Le sue armi, le armi di un assassino che è a sua volta diventato un bersaglio.

            Daken volta lo sguardo verso l’uomo che sta riposando tra le lenzuola disfatte del letto matrimoniale, un giovanotto di colore dai capelli arricciati alla giamaicana. Si chiama Kyle Jinadu, è canadese ed è l’addetto alle pubbliche relazioni della filiale di Vancouver, nella Columbia Britannica, di uno studio cinematografico e televisivo statunitense. Kyle è gay e la cosa di per sé non avrebbe importanza se non fosse che uno dei suoi ultimi amanti si è rivelato un membro della Yakuza, la mafia giapponese che aveva fatto uno sgarbo al suo oyabun,[1] quel genere di sgarbi che non basta il taglio di una falange a far perdonare, ci vuole tutta la testa. Anche Kyle è finito nel mirino dell’oyabun Matsu’o Tsurayaba che ha addirittura assunto i killer ninja della Mano per ucciderlo e questo dimostra quanto se la sia legata al dito.

            È a questo punto che è entrato in gioco Akihiro. Da un po’ di tempo ha smesso di lavorare proprio per Tsurayaba ed è diventato quello che viene chiamato un operativo free lance. Dopo la fine di un contratto con la Justice Inc si è fermato a New York ospite di Elektra Natchios, l’ereditiera greca venuta alla ribalta recentemente per essere stata accusata di essere una killer a pagamento internazionale, accusa verissima ma da cui è, però, stata prosciolta per mancanza di prove. Mentre Elektra è qualche altra parte del Mondo per uno dei suoi contratti, Akihiro ha deciso di rilassarsi un po’, proposito andato in fumo quando ha ricevuto una chiamata in videoconferenza su un canale criptato. A chiamarlo è stata una donna, attraente dai capelli rossi legati a coda di cavallo, occhi celesti su cui portava un paio di occhiali che le davano un’aria al tempo stesso intellettuale ed autorevole. Ha detto di chiamarsi McNeil, di lavorare per il Dipartimento H, un’agenzia governativa canadese che si occupa di problemi di sicurezza nazionale connessi ai superumani, e di essere una vecchia amica di suo padre e la cosa lo ha decisamente incuriosito.

            A quanto pare, il Dipartimento H è in fase di ristrutturazione dopo un tentativo fallito di colpo di stato di qualche mese prima[2] e lei aveva deciso di rivolgersi ad un agente esterno non sapendo bene di chi fidarsi.

<<Tu sei canadese anche se non hai mai reclamato la cittadinanza.>> gli ha detto <<Ed in più sei stato educato secondo le regole del Bushido.[3] Se accetterai l’incarico so che lo porterai a termine.>>

-Lei mi sopravvaluta, Miss McNeil: mi chiamano Daken proprio perché sono un bastardo senza onore.- ha risposto lui in un raro impeto di sincerità.

<<Mrs. McNeil.>> lo ha corretto lei per poi proseguire dicendo <<Sei tu a sopravvalutarti. Se hai anche solo metà della stoffa di cui è fatto tuo padre, sono certa che non mi deluderai.>>

            Nello sguardo della donna Daken ha letto una determinazione ed una sofferenza repressa che lo hanno decisamente impressionato al punto di fargli accettare l’incarico senza riserve. Decisamente suo padre sa scegliersi le amiche.

            Il primo passo è stato avvicinare Kyle Jinadu. Sedurlo non era previsto dalle regole ma, come aveva detto a Mrs. McNeil, Daken si diverte ad essere un bastardo e raramente segue le regole. Ci sono stati diversi attentati alla vita di Kyle e perfino a lui stesso. Matsu’o lo ritiene pericoloso al punto da usare alcuni tra i migliori killer della Mano per eliminare sia lui che Kyle. Beh, ha ragione: lui è davvero pericoloso e lo testimoniano i cadaveri che si è lasciato dietro ed un giorno tra quei cadaveri ci sarà anche quello dell’oyabun.[4]

            Akihiro rientra nella stanza e si infila il costume, basato su quello marrone ed arancione del padre, che usa quando è in azione ed il suo istinto gli dice che l’azione non tarderà ad arrivare.

-Ti prepari al peggio?- gli chiede Kyle che si è appena svegliato.

-Io sono sempre pronto al peggio.- replica Daken con un sogghigno -Non manca mai dove passo io.-

 

            In una cosiddetta casa sicura della C.I.A. a Tel Aviv, nello Stato d’Israele, Elektra Natchios vede aprirsi la porta ed essendo quella che è, si prepara a fronteggiare un attacco nemico ma quelli che si trova di fronte sono l’agente della C.I.A. William Roth, lo stesso che l’ha portata, lì ed una donna sulla trentina dai capelli neri e ricci che veste una versione dell’uniforme mimetica dell’Esercito Israeliano.

-Calma!- esclama Roth allargando le braccia -Veniamo in pace.-

            Elektra abbassa le braccia continuando ad impugnare due pugnali.

-Lei chi è?- chiede indicando la donna accanto a Roth che ha mantenuto una calma olimpica.

-L’Agente Rose Kugel del Mossad.-[5] risponde il segaligno uomo della C.I.A. -Ci farà da scorta sino all’aeroporto.-

-Scorta? Vi sembro una che ha bisogno di protezione?- replica Elektra con un sogghigno.

-Sinceramente?- ribatte l’Israeliana sorridendo a sua volta -Mi sembra una da cui gli altri avrebbero bisogno di protezione.-

-Che è proprio l’impressione giusta.-

-Non ne dubito. Il Direttore della mia sezione le è grato del… favore… che ci ha fatto eliminando il dittatore del Raphastan e la sua guardia del corpo Scimitar risparmiando a noi l’incombenza.-[6]

-La sua sezione è il Kidon, la Baionetta, giusto? Il vostro scopo è l’eliminazione fisica dei nemici, terminarli con estremo pregiudizio non è questa l’espressione?-

-Complimenti. Sa anche quando e perché fu costituita?-

-Nel 1972 come risposta alla strage della delegazione israeliana alle Olimpiadi di Monaco ad opera dell’organizzazione terroristica palestinese denominata Settembre Nero. Deste la caccia a tutti i membri del commando ed ai capi dell’organizzazione stessa. Li faceste fuori uno dopo l’altro, non senza qualche errore.-

-I danni collaterali accadono.-

-Non con me. Non metto mai in pericolo gli innocenti.-

-Un’assassina con un’etica. È quasi divertente.-

-Signore…- si intromette Roth -… che ne dite di mettere da parte le dispute filosofiche e darci una mossa? C’è un aereo che ci aspetta.-

            Elektra rimette i pugnali nelle apposite fondine all’interno del suo giubbotto, afferra una valigetta e si avvia all’uscita.

            In strada è parcheggiata un’auto a cui è appoggiato un uomo dal fisico atletico, corti capelli neri, penetranti occhi azzurri vestito in modo sportivo. Sotto la giacca è appena percepibile il rigonfiamento di una pistola.

-Il mio collega Yosev Tov.- lo presenta Rose Kugel.

-Un altro assassino?- chiede Elektra.

-Un cacciatore.- precisa l’altro -Io scovo le prede e se necessario le abbatto. Non mi piace ma a volte va fatto.-

            Tov si mette al volante affiancato da Roth mentre Elektra e Rose si siedono. L’auto è appena partita che due motociclette si posizionano una davanti ed una dietro la vettura.

-Una vera scorta. Sono impressionata.- commenta Elektra.

-La setta a cui apparteneva Scimitar è molto vendicativa.- spiega Tov -Non appena hanno saputo della sua morte il suo successore si è messo subito sulle tracce della sua assassina… cioè lei.-

-Di già?- replica Elektra -Sembra gente molto efficiente.-

            Prima che Tov o qualcun altro possa replicare qualcosa o qualcuno balza dall’alto sulla moto davanti a loro. Pochi istanti dopo un oggetto sfonda il cruscotto: la testa del motociclista.

 

 

2.

 

 

            L’aeroporto John Fitzgerald Kennedy nel quartiere di Queens a New York è uno dei più affollati del mondo. Akihiro, che indossa un giubbotto di pelle sopra una t-shirt, jeans, stivali ed un cappello Stetson a coprire la cresta, vi arriva assieme a Kyle Jinadu per prendere un volo per Vancouver.

Mentre si dirigono verso il cancello d’imbarco, Akihiro, non può non riflettere sul fatto che un eventuale pedinatore o sicario potrebbe facilmente mimetizzarsi in mezzo alla folla perfino per uno con i suoi supersensi: troppi suoni, troppi odori. Ecco, però, che un odore familiare colpisce le sue narici ipersensibili. Sa chi è un attimo prima che lei dica:

-Ciao, cowboy.-

            Sia Akihiro che Kyle si voltano per trovarsi di fronte una bella donna dai capelli neri che veste un corto tubino nero senza maniche e con un’ampia scollatura.

-Buongiorno Agente Michel.- la saluta Kyle riconoscendo la donna che pochi giorni fa[7] assieme ad Akihiro l’ha salvato da un attacco della sicaria della Mano che si fa chiamare Lady Gorgon.

            Akihiro la squadra facendo un sogghigno e commenta:

-Credevo che voi agenti segreti doveste passare inosservati.-

            Vivienne Michel, agente del Canadian Security Intelligence Service, sorride e replica:

-Ma io sono perfettamente mimetizzata nell’ambiente. Guarda Il gruppo a cui dobbiamo unirci.-

            Vivienne indica un gruppetto tra cui spiccano tre donne: Chili Storm, ex modella, ex attrice riciclatasi come produttrice televisiva e che ora sembra una versione dai capelli rossi di Audrey Hepburn nel film “Colazione da Tiffany”, Brie Daniels, bionda attrice californiana ed attuale amante più o meno ufficiale di Chili, ed infine Sally Weston, assistente di produzione, bruna, attraente ma con una pessima abitudine alla cocaina, Akihiro ne è certo.

-Miss Storm è rimasta molto impressionata dal nostro intervento che ha evitato che Lady Gorgon la uccidesse che non ha fatto obiezioni quando le ho chiesto di trovarmi una copertura nella sua equipe.-

-Secondo me è rimasta impressionata anche dal tuo fondoschiena ma lasciamo perdere.- replica Akihiro.

            Raggiungono lo staff degli Imperial Studios e Chili Storm li saluta con esuberanza:

-Kyle, finalmente sei arrivato… e ti sei portato dietro il tuo interessante amico Akihiro e la deliziosa Mademoiselle Michel… oops, avrei dovuto dire: la mia efficiente segretaria personale Vivian Michaels, giusto?-

-Giustissimo.- replica Vivienne ed Akihiro è impressionato da come il suo naturale accento del Quebec sia stato rimpiazzato da un altro chiaramente americano.

            Si avviano verso l’imbarco e Akihiro si sente improvvisamente inquieto. Si guarda intorno ma non nota nulla di strano. Forse è solo paranoia. No, il pericolo c’è, ne è certo. Tutto è andato troppo liscio finora. Matsu’o Tsurayaba non è tipo da rinunciare e nemmeno la Mano. Se nulla è ancora accaduto qui, allora vuol dire che i guai li aspettano in Canada. Sia come sia, lui sarà pronto.

            Alle sue spalle, da lontano, una donna continua a tenere gli occhi puntati su di lui.

 

Le strade di Tel Aviv non sono estranee alla violenza ma quella di oggi è di un genere un po’ diverso. Quando la testa mozzata dell’agente in motocicletta che li precedeva è piombata attraverso il cruscotto della sua auto, Yosev Tov ha perso il controllo dell’autovettura che è finita contro un palo, nel frattempo Elektra ha agito con rapidità aprendo la portiera dal suo lato ed è balzata fuori rotolando nell’asfalto rimettendosi poi in piedi con la consueta agilità.

            Non ha il tempo di preoccuparsi di come stiano gli altri passeggeri, ha un problema più immediato a cui pensare: un gigante vestito di rosso che impugna una pesante scimitarra la cui lama è sporca di sangue mentre ai suoi piedi c’è la testa del secondo motociclista.

Per un istante Elektra rimane paralizzata mentre le torna alla mente l’immagine di Kirigi, l’implacabile killer della Mano che lei ha più volte affrontato ed apparentemente ucciso ma che è sempre tornato a perseguitarla. Questo non è Kirigi, però, è il nuovo Scimitar e sembra ancora più grosso del suo predecessore.

Mentre salta evitando un fendente della lama ricurva da cui il suo avversario ha preso il nome, Elektra non può fare a meno di riflettere sul fatto che lui l’ha trovata proprio nei pressi della casa sicura della C.I.A. poco dopo che lei l’aveva lasciata, una coincidenza troppo grossa per essere tale. Qualcuno ha fatto una soffiata., è evidente, ma chi? Non crede che possa essere stato Roth e probabilmente nemmeno gli altri della scorta ma qualcun’altro della C.I.A. o nel Mossad, le sembra chiaro. Pensandoci meglio, direbbe che l’idea è di qualcuno della C.I.A. che deve aver pensato che lei in vita fosse un imbarazzo troppo grande per l’Agenzia. Al momento, comunque, la sua priorità è restare viva e passare al contrattacco.

Sfodera i due pugnali nascosti sotto il giubbotto e li lancia contro il nuovo Scimitar. Non è affatto sorpresa quando lui, mulinando la spada, li respinge entrambi prima che lo raggiungano.

-Fermo dove sei!-

            La voce di Yosev Tov risuona ferma e decisa. L’agente del Mossad è in piedi accanto all’auto ed impugna una pistola Desert Eagle caricata con pallottole Magnum. Elektra è lieta che stia bene, a parte un taglietto alla fronte, ma pensa che avrebbe dovuto essere meno “sportivo” e sparare a Scimitar senza tanti complimenti, potrebbe aver commesso un errore imperdonabile.

            Quasi con noncuranza Scimitar lancia l’arma da cui prende il nome verso l’israeliano ed in quel momento Elektra agisce impulsivamente. Yosev Tov non è nulla per lei, non dovrebbe importarle se Scimitar lo uccide, potrebbe, anzi, approfittare della sua distrazione per colpirlo o scappare, invece compie un salto incredibile balzando oltre l’arabo ed afferrando la spada a mezz’aria per poi ricadere al suolo sulle punte dei piedi.

-Sei una valida avversaria ma morirai ugualmente.- le dice l’uomo mentre impugna una seconda scimitarra che portava a tracolla.

-Questo è da vedersi.- replica Elektra -Se tu sei qui è perché io ho ucciso il precedente Scimitar in uno scontro simile a questo. Forse dovresti andartene finché sei in tempo.-

            Come lei si era augurata, l’altro reagisce urlandole un insulto e caricandola a testa bassa. Elektra avrebbe preferito essere riuscita a recuperare le sue armi ma anche quella che ha in mano può andar bene. C’è uno stridio quando le due lame cozzano e ci sono anche delle scintille. La ninja greca indietreggia di qualche passo ed il suo avversario sogghigna.

            In quel momento si odono dei colpi d’arma da fuoco e Scimitar è sbalzato lontano dall’impatto. A sparare è stata Rose Kugel che impugna anche lei una Desert Eagle.

-Prima si spara e poi si avverte.- dice sarcastica.

-Se volevi dire che mi sono comportato da ingenuo, devo purtroppo darti ragione.- replica, mesto, Tov.

-Attenti!- urla Elektra.

            Scimitar si sta rialzando. O è invulnerabile, diversamente dai suoi predecessori, ed allora ucciderlo sarà un vero problema, pensa Elektra, oppure il suo costume è molto rinforzato. In ogni caso, ora è di nuovo pronto all’azione.

-Ma chi è, Terminator?- esclama William Roth anche lui uscito più o meno incolume dall’auto.

-No!- è la risposta di Elektra.

            Balza verso Scimitar e conficca la lama attraverso il suo collo. Il suo azzardo nel pensare che potesse essere il punto debole nella sua corazza ha pagato. Il suo avversario è a terra ed una pozza di sangue si allarga da sotto la sua testa mentre Elektra ritira la lama.

-Credo che lei sia l’unica che può ventarsi di aver ucciso due Scimitar, Miss Natchios.- commenta Roth.

-Magari chi l’ha mandato ci penserà prima di mandarne un terzo.- aggiunge Rose.

-Comunque, per adesso è finita.- dice Tov.

-Non ancora.- replica Elektra.

            Solleva la scimitarra e poi la cala con forza sul collo dell’avversario a terra. Tov e Roth distolgono lo sguardo. Rose Kugel rimane impassibile.

 

            A volte basta poco per alterare la fisionomia di una persona. Prendiamo la ragazza che cammina per le vie affollate di Hong Kong: i capelli non più biondi ma castani e raccolti a coda di cavallo invece che sciolti sulle spalle, lenti a contatto nocciola per mascherare gli occhi azzurri, una t-shirt ed un paio di jeans invece di un abito da sera scollato, stivali al posto di scarpe di marca. Potrebbe essere difficile riconoscere in lei la sofisticata ragazza che due sere prima sorseggiava un cocktail Vesper in un noto night club del quartiere di Kowloon.[8]

            Naturalmente lei non si illude di ingannare davvero avversari determinati ma forse può depistarli almeno per un po’. Se due sere prima era Honey Rider ereditiera giamaicana, ora è la turista americana Cedar Leiter. Differenti identità e perfino differenti hotel per rendere le cose ancora più complicate.

            Mentre finge di guardare la vetrina di un negozio di abbigliamento e si assicura di non essere seguita, la ragazza, il cui nome non è Honey Rider né tantomeno Cedar Leiter, ripensa alle ragioni che l’hanno portata fin lì.

Tutto è cominciato con l’attentato a Clive Reston e a sua moglie Melissa Greville il giorno delle loro nozze.[9] Il Secret Intelligence Service, noto anche come MI6, non poteva tollerare un attacco simile ad uno dei suoi migliori agenti in casa propria, era un affronto inaccettabile aveva detto il nuovo Direttore Yorkie Mitchell nella riunione in cui ha accettato di mandarla in quella missione per cui si è offerta volontaria. La priorità era scovare mandati ed esecutori dell’attentato.

-E poi?- aveva chiesto lei con un pizzico di ingenuità.

            Mitchell aveva inarcato un sopracciglio ed aveva risposto:

-Non mi interessa portarli davanti ad un giudice per un processo. Voglio che siano terminati con estremo pregiudizio.-

-Intende: uccisi, Signore?-

-La cosa disturba il suo senso dell’etica, Miss McElwain?-

-Non provo nessuna pietà per dei fottuti terroristi, Signore.-

            Mitchell era scoppiato in una sonora risata ed aveva replicato:

-Mia madre avrebbe detto che il suo non è un linguaggio appropriato ad una ragazza britannica beneducata, ma io non avrei detto di meglio.-

-Sono americana per parte di padre e noi americani siamo abituati ad essere schietti.- aveva replicato lei sorridendo.

            Il ricordo di quel colloquio la riporta al presente ed alla sua missione. È qui per incontrare qualcuno che dovrebbe darle le informazioni che cerca. Con fare noncurante suona alla porta di un’oreficeria. Attende ma nessuno risponde, Dalla vetrina è impossibile vedere dentro. La ragazza spinge la porta e si accorge che è aperta. Molto strano. Di solito questo tipo di esercizi è chiuso dall’interno. Certo, a Hong Kong le regole forse sono diverse, eppure…

            Con molta circospezione la ragazza entra nel negozio e lo trova vuoto. Sempre più preoccupante. Sul pavimento una scia di qualcosa che sembra decisamente sangue che parte dal bancone per arrivare al retrobottega.

Senza più preoccuparsi di salvare le apparenze, la giovane donna estrae dalla borsetta una Beretta 92F calibro .22 e punta decisa al retrobottega. Nascosto da una tenda, disteso sul pavimento c’è un uomo, un cinese sui cinquant’anni, il suo informatore, sgozzato. A quanto pare, non è stato abbastanza prudente. Il sangue è ancora fresco. Il delitto deve essere avvenuto da poco. L’assassino non può essere andato molto lontano... forse è ancora lì.

La ragazza si volta di scatto sferrando un calcio che coglie un aspirante aggressore armato di coltello in pieno inguine. L’uomo caccia un urlo e si piega in due. Lei non esita un istante e lo colpisce alla nuca con il calcio della pistola poi, mentre l’altro stramazza a terra, si precipita nel negozio solo per trovarsi di fronte tre uomini armati e dall’aria decisa.

Di male in peggio, pensa.

 

           

3.

 

 

            Nel volo speciale che la riporta a New York Elektra è immersa in cupe riflessioni ma non abbastanza da non accorgersi dell’uomo che le sta sedendo al fianco a cui riserva un’occhiata indagatrice.

-Credo di sapere a cosa sta pensando.- le dice Yosev Tov.

-Davvero, Agente Tov?- replica lei.

-Non è molto difficile: Scimitar sapeva dove trovarci quindi è ovvio che qualcuno lo ha informato e che questo qualcuno deve essere interno alla C.I.A. o al Mossad. Si starà anche chiedendo se può fidarsi di noi.-

-Mi fido di voi… nei limiti in cui riesco a fidarmi di qualcuno s’intende.- ribatte con schiettezza Elektra -Non ho alcun dubbio che nessuno di voi tre è l’informatore ma sono altrettanto sicura che esiste.-

-Anche io ho raggiunto la stessa conclusione e pure il mio capo che ha autorizzato me e Rose a seguirla negli Stati Uniti per aiutarla a stanare il traditore e dimostrarle che non è del Mossad.-

-Quante cortesie per un’assassina a contratto.-

-Per una donna che ha rischiato la sua vita per proteggere la mia ed è una cosa che non dimentico. In più, al Mossad non piace essere usato per vendette private.-

-E che ne pensa l’Agente Roth della vostra indagine?

            Tov guarda verso la cabina di pilotaggio e risponde:

-Non abbiamo ritenuto necessario informarlo di questo sviluppo… anche se immagino che abbia dei sospetti.

            Elektra sorride e dice:

-Lei mi piace, Agente Tov.-

-Oh beh… grazie Miss Natchios. Anche lei mi piace…. Intendo dire…-

-Lo so che intendi dire.- replica Elektra ridendo -E chiamami Elektra, trovo stupide le formalità tra gente che ha rischiato la vita insieme.-

-Spero che valga anche per me.- interviene Rose Kugel.

-Certo. Mi è piaciuto come hai reagito contro Scimitar.-

-Sul lavoro sono nota come Rosa Selvatica e Yosev ti direbbe che è un soprannome che mi merito.-

-Confermo.- interviene Tov -Rose è bella ma le sue spine sono molto dolorose.-

-Che ne pensi della talpa?- le chiede Elektra.

-Che non esiste. Quel verme di Rawlings sperava che tu non uscissi viva dal Raphastan e visto che invece te la sei cavata, ha fatto avere agli Arabi l’ubicazione della casa sicura sperando che ci pensassero loro a te.-

-Chi è Rawlings?-

-William Rawlings è il capo di una sezione della C.I.A. che ufficialmente non esiste che è l’equivalente del nostro Kidon. È stata riattivata da George W. Bush nel 2002. Prima di assumere il suo attuale incarico Rawlings ha diretto una delle prigioni segrete della C.I.A. in Medio Oriente e ne ha combinate di cotte e di crude.-

-Sembri molto informata su di lui.-

-Il Mossad sa sempre quello che deve sapere e poi… io l’ho conosciuto personalmente... il come ed il perché non sono importanti… e posso confermarti che è un vero bastardo.-

-Un bastardo pericoloso.- aggiunge Tov.

            Elektra tace. Un pensiero le attraversa la mente. Se davvero questo Rawlings vuole eliminare chiunque possa collegarlo a lei, potrebbe aver pensato anche all’uomo che ha fatto da tramite per l’incarico: Eric Slaughter. Non ha obblighi verso il vecchio gangster ma non le piace l’idea che debba morire solo perché le ha passato un contratto.

            William Roth esce dalla cabina di pilotaggio ed annuncia:

-Stiamo per atterrare, preparatevi.-

            Sono preparata a ben più che un atterraggio pensa Elektra.

 

            Tre uomini armati tra lei e la porta del negozio. La ragazza che oggi si fa chiamare Cedar Leiter stringe le labbra e li valuta in pochi decimi di secondo. Un cinese che sembra uscito da una palestra con i muscoli gonfi di steroidi, un giapponese della stazza di un lottatore di sumo ed infine uno che potrebbe essere malese o forse nepalese, piccolo ed agile.

È evidente che sono qui per lei e che se avessero voluto ucciderla l’avrebbero già fatto… o ci avrebbero almeno provato. Invece si limitano a sbarrarle l’uscita ed a rivolgerle occhiate poco rassicuranti. La vogliono viva probabilmente per interrogarla. È un piccolo vantaggio, se tale si può chiamare la prospettiva della tortura e dello stupro ma è comunque qualcosa di cui approfittare, perché lei non avrà di certo remore ad ammazzarli se si fanno troppo vicini.

La ragazza indietreggia ed il malese è quello che è scatta improvvisamente verso di lei. Quasi non lo vede ma sente il dolore che le paralizza il polso destro facendole mollare la presa sulla pistola. Lei si tiene il polso con l’altra mano e reagisce vibrando un calcio rotante ma il suo avversario lo evita facilmente e nel frattempo il lottatore di sumo le è addosso e la inchioda a terra con il suo stesso peso. È finita, pensa la ragazza poi si sente una voce stentorea che grida qualcosa in Cinese e poi lo ripete in Inglese:

-Fermi!-

            Gli occhi di tutti si voltano verso la soglia dove sta in piedi un uomo, cinese, di età indefinita sopra i trenta, disarmato. Sul suo petto nudo c’è un tatuaggio raffigurante un gatto nero.

-La ragazza è sotto la mia protezione.- dice -Se sapete qual è il vostro bene, andatevene finché siete in tempo.-

-Tu sei Shen Kuei, il Gatto.- dice il cinese con evidente timore reverenziale nella voce.

-Se sai chi sono, allora sai anche che non minaccio mai invano.- replica l’altro

-Tu sei solo e disarmato e noi siamo tre.- interviene il malese.

-Non mi servono armi con feccia come voi.- è la sprezzante risposta.

            Il cinese palestrato ed il piccolo malese balzano contro di lui all’unisono ma il Gatto si muove troppo veloce e li colpisce ripetutamente senza che loro riescano a mettere a segno un solo colpo. In breve sono a terra. Il lottatore di sumo riesce ad afferrarlo, ma con suo stupore si trova proiettato sopra la testa del Gatto e piomba oltre la vetrina del negozio. Shen Kuei lo ignora e si avvicina alla ragazza aiutandola a rialzarsi in piedi.

-Tutto bene Miss Rider?- le chiede usando il nome con cui lei gli si è presentata due sere prima.

-Niente di rotto a parte il mio orgoglio.- risponde lei amaramente -E così mi ha seguito… non me ne sono accorta.-

-Nessuno si accorge di me se io non voglio.- replica lui con noncuranza poi aggiunge -Mi segua adesso.-

-Dove?-

-Al sicuro.-

            Una Jaguar XLJ si ferma davanti al negozio e senza perdere tempo il Gatto apre lo sportello posteriore e spinge all’interno la ragazza per poi sedersi al suo fianco. Alla guida una donna bianca dai capelli neri, a parte una ciocca bianca a ciascuna tempia, di età tra i trenta ed i quarant’anni che gira appena la testa verso di loro.

-Ci hanno provato eh?- chiede

Parla un ottimo Inglese ma con uno strano, indefinibile, accento, pensa la ragazza.

-Ma hanno fallito.- replica il Gatto -Ora andiamo dove sai.-

-Agli ordini, mio signore.- ribatte l’altra ridacchiando.

            L’auto riparte sgommando.

 

            Il volo in VIP Class da New York a Vancouver è decisamente piacevole, pensa Akihiro potrebbe abituarcisi. Chissà se il suo conto e quello di Vivienne Michel lo hanno pagato la Produzione o sono a carico dei contribuenti canadesi? E in fondo che gliene importa? Basta che non sia lui a pagarlo.

Il pacchetto comprende un salottino privato con comodi divanetti e servizievoli assistenti di volo a disposizione per quasi ogni esigenza dei passeggeri.

-Desidera un drink, signore?-

            A rivolgersi a lui è stata un’attraente hostess di chiare origini giapponesi che spinge un carrello bar.

-Uno scotch, grazie.- risponde lui.

            La ragazza gli porge il bicchiere chinandosi ed offrendo alla sua vista una generosa scollatura che permette ad Akihiro di intravedere un tatuaggio appena sopra il seno destro.  Continua a seguirla con lo sguardo mentre spinge il carrello verso gli altri passeggeri impegnati in varie attività.

            Il giovanotto metà canadese e metà giapponese li osserva distrattamente: Chili Storm sta chiacchierando con Vivienne Michel, forse sta provando a sedurla incurante del fatto che la sua amichetta è seduta poco distante apparentemente intenta a studiare un copione, Sally Weston è appena uscita dalla toilette e si sta passando un dito sotto le narici, Kyle Jinadu sta scrivendo qualcosa su un tablet. È proprio verso Kyle che la giovane hostess si sta dirigendo. È giapponese, pensa Akihiro, e quel tatuaggio sul seno, sembrava una parola scritta in una combinazione di Kanji e Hana:[10] ciliegia.

            Akihiro scatta come una molla e si getta sulla hostess che si sta chinando sul giovanotto di colore.

-Ehi, ma cosa…?- esclama lui.

            Gli sguardi di tutti si puntano su Akihiro e la ragazza giapponese che rotolano sul pavimento avvinti l’uno all’altra. Dalla mano destra della ragazza sfugge una specie di spillone e Kyle capisce con orrore che stava per conficcarglielo dritto nel cuore.

            La giapponese riesce a far volare Akihiro sopra la sua testa e si rimette in piedi. Lui fa altrettanto e sfodera i suoi artigli dicendo:

-Avresti potuto anche farcela, Cherry. Senza il tuo solito look non ti avevo riconosciuta, ma ti ha tradito la vanità: se avessi tenuto allacciato un altro bottone della tua camicetta, non avrei visto il tatuaggio con il tuo nome.-

-Sei stato fortunato, Daken, ma non lo sarai sempre.- ribatte lei con durezza.

-Chiunque tu sia, non muoverti!-

            Vivienne Michel ha estratto una pistola e la punta contro la giovane giapponese.

-Credi di spaventarmi?- ribatte lei con calma.

            Con incredibile rapidità estrae un nunchaku da sotto il carrello lo rotea davanti a sé.

-Adesso sparami.- dice in tono di sfida all’agente canadese.

            Vivienne esita. Sono in un ambiente ristretto e se lei mancasse il bersaglio o la sua antagonista fosse davvero in grado di respingere i proiettili con il nunchaku, qualcuno potrebbe colpire di rimbalzo gli altri passeggeri. Della sua esitazione approfitta l’altra avvolgendole il polso e strappandole l’arma.

            Daken non è rimasto a guardare e mentre con la destra stringe il polso della killer, appoggia gli artigli dell’altra contro il suo collo.

-Che ne diresti se te lo aprissi da parte a parte?-

-Che dovevi farlo invece di minacciarlo.- ribatte lei.

            Con incredibile rapidità si libera dalla stretta e si getta all’indietro finendo nella tromba delle scale di collegamento con la parte inferiore dell’aereo. Daken non esita e le va dietro. Quando arriva lei ha appena raggiunto uno dei portelli e con un calcio lo apre. Fissa Daken con un sorriso e mormora:

-Ciao.-

            Quindi si lascia cadere. Daken borbotta un’imprecazione in giapponese poi richiude il portello usando tutta la sua forza mentre alle sue spalle arriva Vivienne.

-Immagino che non si sia semplicemente suicidata.- commenta.

            Daken scuote la testa e replica:

-Avrà avuto un paracadute nascosto o qualcosa di simile.-

-Era quella Lady Gorgon senza la sua tutina di latex? La facevo più vecchia.-

-Era un’altra: di solito va in giro vestita come una scolaretta in libera uscita ed ha i capelli viola per questo non l’ho riconosciuta subito. Il suo nome di battaglia è Cherry Blossom.-[11]

-Mi stai prendendo in giro? Che razza di nome è per una killer?-

-Per una giapponese ha senso.- ribatte Akihiro stringendosi nelle spalle.

-Credi che fosse sola o che ci siano altri come lei?-

-Onestamente, non lo so.-

-Dovremo stare in guardia fino all’arrivo.-

-E dopo… soprattutto dopo.-

 

 

4.

 

 

La Jaguar XLJ nera percorre le vie di Kowloon senza badare ai limiti di velocità.

-Bella macchina.- commenta la ragazza che si fa chiamare Honey Rider ed anche Cedar Leiter.

-Non è mia purtroppo.- replica la donna al volante -Io sono solo la chauffeur. A proposito, il mio nome è Mia Lessing. Ai bei tempi mi chiamavano l’Angelo Nero. Ripensandoci, non era poi così tanto tempo fa.-

-Angelo Nero! Ma certo! Ho sentito parlare di te. Eri nel S.V.R.[12] e poi sei passata alla C.I.A. ma si diceva fossi morta.-

-Nel nostro lavoro fa comodo essere creduti tali per un po’, dovresti saperlo. Sono uscita dall’oblio a causa di quello che è successo a Clive Reston e sua moglie.-

-Ma certo! Tu e Reston eravate…-

-Intimi, stavi per dire?. Storia vecchia ma che vuoi farci: sono una sentimentale. Ah, pare che siamo arrivati.-

            Davanti a loro si staglia una villa isolata appena fuori da Kowloon.

-Casa, dolce, casa.- dice la donna al volante imboccando il vialetto d’ingresso.

Il Gatto le rivolge un’occhiataccia che le nota dallo specchietto retrovisore e risponde con un sogghigno divertito.

I tre scendono dall’auto e ad un cenno di Shen Kuei un uomo arriva e si mette al volante portando l’auto verso un garage. Nel frattempo, una giovane donna che indossa un cheongsam, l’abito tradizionale delle donne cinesi, di colore verde li accoglie sulla soglia con un inchino.

-Ti tratti bene.- commenta la ragazza.

            Il Gatto non dice niente e guida le due donne sino ad un ampio salotto.

-Temo che la tua copertura sia saltata.- dice infine alla sua ospite britannica.

-Le tue coperture.- precisa Mia Lessing -Dobbiamo partire dal presupposto che tu sia bruciata sia come Cedar Leiter che come Honey Rider ormai. Siamo riusciti a recuperare i tuoi bagagli per fortuna.-

-Li ho fatti portare nella tua stanza in fondo al corridoio sulla destra.- precisa Shen Kuei.-

-Capisco.- borbotta la ragazza -Se volete scusarmi, ho delle cose da fare.-

-Prenditi il tempo che ti serve.-

            Una volta nella sua stanza la ragazza apre una valigia e ne osserva il contenuto, annuisce con soddisfazione poi si spoglia e completamente nuda si reca in bagno. Davanti allo specchio si toglie le lenti a contatto rivelando magnifici occhi azzurri, si scioglie i capelli e si infila sotto la doccia restandoci quanto basta per lavar via tutta la tintura dalla sua chioma.

            Circa mezz’ora dopo si presenta in salotto indossando un tailleur verde scuro con scarpe in tinta. I capelli biondo cenere sono raccolti a crocchia e sugli occhi ci sono grandi occhiali da miope.

-La mia ultima copertura, che è poi quella che sono davvero.- spiega -Lynne McElwain, addetta culturale del Consolato Generale Britannico.-

-Copertura diplomatica, eccellente.- commenta Mia -Vorrei averla anch’io.-

-E adesso diamoci da fare. Dobbiamo scoprire come hanno fatto a smascherarmi e passare al contrattacco.-

-Questa ragazza mi piace.-

            Il Gatto annuisce.

 

            Il resto del volo è stato del tutto privo di eventi. All’arrivo a Vancouver. C’è stato qualche momento di imbarazzo con le autorità locali ma Vivienne Michel si è qualificata come agente del C.S.I.S. poi ha pronunciato le paroline magiche: Sicurezza Nazionale e sia pure di malumore li hanno lasciati andare.

            Kyle Jinadu e Akihiro si sono subito recati nell’appartamento di quest’ultimo che dopo aver gettato le valige per terra e la giacca su una sedia si è tuffato sul letto senza nemmeno spogliarsi sfinito dallo stress.

Da parte sua, Akihiro sta sistemando la sua roba quando suona il campanello.

-Vado io.- dice e senza attendere risposta si avvia alla porta.

             Improbabile che si tratti di un killer della Mano o della Yakuza, ma dopo le ultime esperienze è meglio che sia lui ad aprire, pensa. Sempre meglio essere eccessivamente prudenti che non esserlo affatto.

            Quando apre la porta si trova di fronte una faccia conosciuta. Non è sorpreso, era ovvio che si sarebbero incontrati prima o poi ora che lui è in Canada.

-Benvenuto in Canada, Akihiro.- gli dice.

-E così tu sei McNeil.- commenta lui facendola entrare.

-Il mio nome completo è Heather McNeil Hudson.- replica la donna -Hudson era… è il cognome di mio marito ma da un po’ di tempo, sul lavoro preferisco usare il cognome di mio padre.-

            Il modo in cui ha detto “mio padre”, come se ci tenesse più a ribadire di esserne figlia. Anche lei ha un rapporto complicato con la figura paterna? Akihiro la osserva con attenzione e conferma il suo iniziale giudizio sulla sua avvenenza ma ora che la vede dal vivo coglie molto meglio altre sfumature nella sua espressione, nel modo di muoversi e nel suo odore: una durezza che viene dalla sofferenza, una cosa che lui capisce bene.

-Ho superato l’esame?- gli chiede lei, sarcastica.

-In più di un senso.- replica lui sogghignando -Adesso che ti vedo di persona, capisco cosa abbia trovato mio padre in te.-

-Non nel senso che intendi tu.-

-Davvero? Il vecchio non ci ha mai provato con te? Sono molto deluso da lui.-

            Heather gli lancia uno sguardo serio e ribatte:

-Mio marito era il suo migliore amico. Non avrebbe mai cercato di sedurgli la moglie.-

-Che stupido a farsi scappare un bel bocconcino come te. Io non l’avrei fatto -

-Sei proprio diverso da tuo padre e non solo fisicamente.-

            Lui sogghigna divertito e dice:

-Ne sono consapevole. A proposito, è stato lui a farti il mio nome? Se è così, ne sono sorpreso.-

-Forse lui pensa… o spera che ci sia del buono in te.-

-Illuso. Ho accettato l’incarico solo per il denaro.-

-Davvero solo per quello?-

-Beh, ho un conto da regolare con Matsu’o Tsurayaba… e, lo ammetto: anche per curiosità.-

-Nei miei confronti?-

-Anche. Una bella donna di cui non avevo mai sentito parlare mi chiama per conto di un’agenzia governativa canadese, la nazione di mio padre, per offrirmi un incarico come guardia del corpo di un tizio minacciato nientemeno che dalla Mano. Perché io? Perché non uno dei vostri supereroi locali tipo Alpha Flight. Ora che ci penso, Kyle non stava con uno di loro?-

-Northstar, sì e come quasi tutto il resto di Alpha Flight è indisponibile al momento. Tu sei la nostra… la mia migliore risorsa.-

            Akihiro fa un altro sogghigno e replica:

-Allora non t’invidio.-

 

            L’ufficio nella palazzina nella zona del porto di New York è immerso in un’oscurità appena rischiarata da una lampada posta sulla scrivania a cui siede un uomo anziano con una vaga rassomiglianza con l’attore britannico Peter Cushing.

-Slaughter.-

            La voce è poco più di un sussurro ma lui la riconosce ugualmente e non è sorpreso di vederla nella sua calzamaglia rossa completa di bandana, le sue armi a tracolla o nelle fondine alle caviglie, in piedi accanto ad una finestra che lui ricorda benissimo di aver chiuso.

-Elektra.- replica semplicemente.

-Sono qui per avvertirla.-

            Elektra gli racconta rapidamente i recenti avvenimenti ed alla fine Eric Slaughter commenta:

-Se la C.I.A. vuole uccidermi deve mettersi in fila.-

-Qualcun altro la minaccia?-

            Ora tocca al vecchio gangster in pensione raccontare ad Elektra della guerra che sta insanguinando Hell’s Kitchen scatenata dall’ex terrorista nordirlandese Finn Cooley per il controllo delle attività criminali nel quartiere.[13]

-Vuole il mio aiuto per sbarazzarla da questo Cooley?- gli chiede la ninja greca.

            Slaughter fa un sorrisetto e replica:

-Grazie, ma temo di non essere abbastanza ricco da potermi permettere le tue tariffe.-

-Per lei potrei farlo a titolo di favore, mi sta simpatico.-

-Ma davvero? Chi l’avrebbe mai detto quando ci siamo conosciuti? Stavo per ucciderti, ricordi? E l’avrei fatto senza l’intervento di Devil.-[14]

-Chissà, magari me la sarei cavata ugualmente ed avrei io ucciso lei.-

-Sono contento che non sia accaduto. L’averti uccisa intendo.-

-Anch’io…. Di non aver ucciso lei. Pensi alla mia offerta.-

-Lo farò.-

            Elektra fa per voltarsi poi ci ripensa e dice:

-Quando non procura incarichi a killer professionisti lei si occupa di spedizioni internazionali, giusto?-

-Sì, perché?-

-Ho bisogno di far arrivare un certo pacco a delle persone nella nazione di Halwan in Medio Oriente.-

-Che tipo di pacco ed a chi?-

            Elektra glielo spiega e Slaughter sogghignando risponde:

-Si può fare, si può decisamente fare.-

 

 

5.

 

 

            Il quartiere dell’Ammiragliato si trova nell’Isola di Hong Kong, ed ospita numerosi edifici pubblici dell’omonima Regione Amministrativa Speciale, per usare la nomenclatura ufficiale. In uno di questi edifici c’è la sede locale della Sezione 5 del Ministero per la Sicurezza dello Stato della Repubblica Popolare Cinese ovvero quello che viene volgarmente definito il suo servizio segreto.

            Nel suo ufficio il capo della Sezione 5 è decisamente alterato.

-Hanno cercato di assassinare un’agente britannica qui a Hong Kong ed io vengo a saperlo solo per caso, è intollerabile! Ma sapete cos’è ancora più intollerabile? Che agenti di potenze straniere e di chissà quale organizzazione terroristica o criminale scelgano Hong Kong come campo di battaglia. Voglio sapere chi sono e perché sono qui.-

-A questo credo di avere una risposta, Compagno Xiang.- interviene una ragazza cinese che indossa un cheongsam verde con spacchi fino alle cosce -Come certo saprai, una settimana fa, l’agente del MI6 Clive Reston è stato oggetto di un attentato in cui è rimasta gravemente ferita la donna che aveva appena sposato. La pista degli attentatori porta fino a Hong Kong.-

-Non crederanno che siamo stati noi, spero.- sbotta l’uomo di nome Xiang Zheng.

-Lo escluderei senza alcun dubbio, Compagno Xiang.- a parlare è una donna europea bionda che indossa un abito azzurro senza maniche, un foulard rosso attorno al collo ed occhiali scuri a coprirle gli occhi -Non solo un attentato spettacolare come quello non è nel nostro stile, ma non c’era nessun attrito con Reston, anzi: ci aveva appena fatto un favore catturando Fah Lo Suee. Non a caso hanno chiesto aiuto al Gatto che è un nostro ex agente.-

-Shen Kuei può non essere più nei nostri ranghi ma non lavorerebbe mai contro di noi, concordo.-

-Se ti fidi di lui, perché mi hai messo… al suo fianco?- chiede la cinese.

            Xiang sogghigna e risponde:

-Gli occidentali dicono: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio ed io sono d’accordo. Il Gatto non ci tradirebbe mai ma a causa del suo senso dell’onore, non tradirebbe nemmeno i suoi amici, per cui ci è utile avere un nostro agente che ne monitori discretamente le attività.-

-Io credo che sappia chi sono anche se fa finta di niente.-

-Era previsto, Agente S, per questo ho fatto entrare in gioco l’Agente B. il Gatto non ha molte debolezze ma una di queste è la propensione verso le donne occidentali.-

-Posto confermarlo.- dice la bionda con un sorriso -Non è stato difficile agganciarlo dandogli l’impressione di essere stato lui ad agganciare me ma suppongo non vi interessino i particolari.-

-Posso immaginarli.- replica la ragazza cinese.

-Bene.- taglia corto Xiang -Continuate a tenermi informato sulle sue attività e su quelle delle due agenti sue ospiti: la Britannica e l’americana. Potete andare adesso.-

 

            A New York il massiccio ex pugile McKinley Stewart rientra nel suo appartamento dopo una giornata di lavoro al dojo[15] che dirige nel Lower Est Side. Appende il giubbotto all’attaccapanni all’ingresso e si dirige verso la camera da letto. È ancora sulla soglia quando una voce che ben conosce dice:

-Non accendere la luce, Mac.-

-Elektra?- esclama lui sorpreso.

-Sono appena tornata ed ho pensato di restare da te stanotte.- replica Elektra.

            Mac fa un lungo sospiro ed entra nella stanza. Non si rende conto di stare sorridendo.

 

            A Vancouver Akihiro, meglio noto in certi ambienti come Daken, il Bastardo entra nella stanza da letto dove Kyle Jinadu che sta spogliandosi gli chiede:

-Com’è andata con quella tizia del Dipartimento H?-

            Prima che Akihiro possa rispondere il vetro della finestra si infrange ed una singola pallottola attraversa la stanza diretta verso di lui.

 

 

EPILOGO

 

 

            Nel piccolo Sultanato di Halwan c’è una palazzina che era la sede della Confraternita della Spada, dove viene addestrata un’èlite di guerrieri molto speciali il migliore dei quali si guadagna il nome di Scimitar.

            Un tempo colui che era chiamato Scimitar era il principale protettore del Sultano e di tutta la famiglia reale ma le cose cambiano e non sempre in meglio. Oggi la Confraternita persegue fini meno nobili ed offre i suoi servigi a personaggi discutibili.

            L’attuale sovrana di Halwan ha dichiarato fuorilegge la Confraternita e l’ha sciolta d’autorità ma essa ha continuato ad operare in modo clandestino e chi ha bisogno di contattarla sa come trovarla.

            Il pacco che uno degli adepti ritira quel giorno ha seguito una via piuttosto tortuosa per arrivare fino ad un rifugio la cui ubicazione conoscono in pochi. Solo dopo accurati controlli viene portato davanti ai capi.

Sanno già che non c’è una bomba o un’altra trappola mortale e grazie ai moderni mezzi di scansione sanno anche cosa contiene. Non sono sorpresi, quindi, quando lo aprono, di trovarci una testa umana ma sono sorpresi nello scoprire che è quella di Scimitar.  Sulla maschera è attaccato un biglietto che dice semplicemente: “Non mandatene un altro o avrete anche la sua testa”.

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            In realtà non c’è molto da dire che non sia già spiegato nella storia, solo qualche precisazione su alcuni personaggi:

1)     Riprendiamo le fila delle trame dedicate al MI6, a Daken ed Elektra e non solo come dimostra la presenza di Heather Hudson che tutti voi dovreste conoscere.

2)     Rose Kugel, alias Rosa Selvatica o Wild Rose, è stata creata da Mike Baron & David Ross su Punisher Vol. 2° #7 datato marzo 1988.

3)     Yosev Tov è stato creato da Peter B. Gillis & Carmine Infantino su Super Villain Team Up #16 datato maggio 1979. Nella storia in questione era chiamato Yousuf, che però è la versione araba del nome ed era incongrua per un ebreo israeliano così ho deciso di adottare la versione israeliana.

Nel prossimo episodio: intrighi ai Caraibi ed un po’ di sorprese.

 

 

Carlo

Carlo.



[1] L’equivalente giapponese del padrino della mafia italiana.

[2] Dettagliato nella nostra serie Alpha Flight.

[3] Il codice d’onore dei samurai.

[4] E non dite che non vi offriamo mai riassunti esaustivi. -_^

[5] L’agenzia che si occupa della sicurezza esterna di Israele.

[6] È accaduto nell’episodio #98.

[7] Ovvero sempre nel n. 100.

[8]Nell’episodio #102.

[9] Nel finale del n. 100.

[10] I due principali sistemi di scrittura giapponesi.

[11] Bocciolo di ciliegia in Giapponese.

[12] Služba vnešnej razvedki, Servizio Informazioni dall’Estero della Federazione Russa.

[13] Come visto nei recenti episodi di Devil & la Vedova Nera.

[14] Nell’ormai leggendario Daredevil Vol. 1°#168 (in Italia, tra gli altri, su Fantastici Quattro, Star Comics, #4)

[15] Palestra di arti marziali giapponesi.